Quando qualcosa va storto mi metto ad analizzare quanto sia grave questo qualcosa, e per renderlo meno tragico penso ad un qualcosa per me molto prezioso che ora ho e a come mi sentirei nell'eventualità di venirlo a perdere.
Tranquilli la maggior parte delle volte non ho il tempo di pensare tutto ciò e sclero come tutti e mi faccio prendere dal panico.
Però questo metodo è veramente utile, non è farina del mio sacco, o almeno non tutta.
Quando avevo sui 13 anni ero ricoverato in ospedale, invece di restare a letto giravo e rigiravo le stanze dei vari piani dell'ospedale. I miei amici sanno che riesco a stringere amicizia con estrema facilità, infatti già dal primo giorno avevo stretto alleanze con qualche mio coetaneo.
Uno in particolare mi colpì, aveva sui 16 anni, all'inizio era abbastanza antipatico e scontroso ma poi si dimostrò il più simpatico. Nonostante la grave malattia che lo affliggeva dimostrava una forza d'animo, che a pensarci oggi era inusuale per uno così giovane.
Mi aiutò molto ad affrontare i miei problemi di salute ed alcuni ad impegnarmi per superarli, cosa in cui riuscii perfettamente.
Matteo, si chiamava così, il cognome non lo ricordo, forse non l'ho mai saputo, una cosa di lui che non dimenticherò mai è stata la risposta ad una mia ingenua e stupida domanda.
Uno dei primi giorni che lo frequentavo vedendolo lì nel letto immobile, collegato a dei fili, gli chiesi:
"cos'hai?"
non sapete quante volte, ripensandoci, mi sono vergognato di aver espresso una così infantile domanda, per due volte poi, la prima volta mi disse "zzo te ne frega" poi dopo alcuni giorni, durante i quali diventammo ottimi amici, si ripresentò l'occasione di vederlo nuovamente immobile a letto, e anche allora non mi disse il motivo. Non mi arresi. La mia curiosità non ha limiti, al contrario del senso etico.
"Perché non mi dici cos'hai, mi hai detto di tutto tranne quello...perché lo devi fare? io non resisterei così tante ore immobile come fai?
la sua spiazzante risposta (col sorriso sulle labbra):
"penso ad altro, potrebbe andare peggio. "
Lo disse convinto ne sono certo. Conoscevo quel ragazzo da poco più di una settimana ma lo conoscevo meglio di quanto conoscevo la maggior parte dei miei amici di allora.
Duo o tre giorni dopo io venni dimesso, lui restò li, ci salutammo con un semplice ciao.
Non l'ho più rivisto.
Mi piacerebbe sapere come sta oggi, cosa fa nella vita e se sta bene. Non mi disse mai la malattia che lo affliggeva, ma, grazie o per colpa delle infermiere lo scoprii quando ritornai per un controllo e seppi che era stato trasferito in un'altro centro.
Ciao Matteo ...buon cammino ovunque tu sia.